SOSTANZA ECONOMICA
MERO VANTAGGIO FISCALE
Nella carta costituente e nelle indicazioni della raccomandazione n. 2012/772/Ue è rinvenibile il generale principio antielusivo, il quale è stato decodificato dal legislatore nazionale con l’introduzione del comma 1, articolo 10-bis della legge n. 212/2000, recante la “Disciplina dell’abuso del diritto o elusione fiscale”, il quale definisce quando un’operazione può essere considerata abusiva.
Premesso che La norma antielusiva prevede che l’amministrazione finanziaria debba identificare e provare il congiunto verificarsi di tre presupposti costitutivi:
- l’assenza di “sostanza economica” dell’operazione o delle operazioni realizzate, consistenti in “fatti, atti e contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi diversi dai vantaggi fiscali”;
- l’essenzialità del conseguimento di un “vantaggio fiscale”;
- la realizzazione di un vantaggio fiscale “indebito”, costituito da “benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario”.
Conseguentemente, il mancato riscontro di anche solo uno dei tre presupposti costitutivi dell’abuso determina, ovviamente, l’assenza di abusività dell’operazione.
Attraverso il successivo comma 3, il legislatore ha chiarito espressamente che non possono comunque considerarsi abusive quelle operazioni che, pur presentando i tre elementi sopra indicati, sono giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali.
Quindi, l’amministrazione finanziaria può contestare l’abusività di un’operazione, se riesce a dimostrare che ricorrono contestualmente i seguenti tre requisiti:
- mancanza di sostanza economica
- essenzialità dei vantaggi fiscali, ovvero assenza di valide ragioni extrafiscali non marginali
- conseguimento di vantaggi fiscali indebiti.
Da un punto di vista metodologico, tale riscontro dovrebbe basarsi:
- in primo luogo sull’assenza della sostanza economica dell’operazione,
- in secondo luogo sull’assenza di valide ragioni extrafiscali non marginali,
e nel caso in cui vi fosse la rispondenza di entrambi i requisiti, l’eventuale vantaggio fiscale sarebbe da considerarsi “indebito”.
Pertanto,
- all’amministrazione finanziaria spetta delineare i termini del disegno elusivo e l’uso strumentale di determinati schemi negoziali, al fine di conseguire un vantaggio fiscale;
- al contribuente fornire la prova dell’esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti di carattere non marginale o teorico che ne escludano l’abusività.
La sentenza n. 1166, del 16/01/2023, la suprema Corte di Cassazione si è espressa riguardo all’abuso del diritto, fornendo utili chiarimenti e principi di seguito evidenziati:
In particolare, viene chiarito, che la presenza di specifiche disposizioni antielusive non limita l’ambito di applicazione della disposizione antielusiva generale, disciplinata dall’articolo 10-bis dello Statuto del contribuente.
Il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, che preclude al contribuente il conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto di strumenti giuridici idonei a ottenere un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione.
I giudici della Corte di Cassazione evidenziano come si possa riscontrare il comportamento abusivo in quell’operazione economica che ponga, quale elemento prevalente della transazione, la finalità di ottenere vantaggi fiscali, se quell’operazione non ha altra spiegazione che il mero conseguimento di risparmi d’imposta.
Ovviamente, incombe sull’amministrazione finanziaria provare che il disegno elusivo e le modalità di manipolazione degli schemi negoziali classici, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato, sono perseguiti al solo fine di ottenere il vantaggio fiscale.
Parimenti, spetta al contribuente dimostrare l’esistenza di ragioni economiche alternative o concorrenti, che giustifichino le operazioni strutturate in quel determinato modo.
Il collegio giudicante evidenzia che è configurabile l’abuso del diritto se viene dimostrata e non meramente affermato nelle motivazioni, in modo autoreferenziale, dall’ufficio:
- la mancanza della sostanza economica,
- l’assenza di valide ragioni extrafiscali non marginali.
- la presenza di un vantaggio fiscale indebito.
Conseguentemente, l’ufficio deve dimostrare:
- l’esistenza di un’operazione alternativa,
- più funzionale al raggiungimento dell’obiettivo economico perseguito dalle parti.
Nella sentenza in riferimento, la Corte suprema, richiamando la raccomandazione 2012/772/Ue, definisce “una costruzione di puro artificio o una serie artificiosa di costruzioni” quella costruzione, o serie di costruzioni, prive di sostanza commerciale, ovvero di sostanza economica.
Risulta opportuno ricordare, che la scelta di un’operazione fiscalmente più vantaggiosa è legittima e non è sufficiente a integrare una condotta elusiva, quando è l’ordinamento tributario a prevedere tale facoltà.
Si configura un abuso del diritto se si traduce in uso distorto dello strumento negoziale o in un comportamento anomalo rispetto alle ordinarie logiche d’impresa, posto in essere per realizzare non la causa concreta del negozio, ma esclusivamente o essenzialmente il beneficio fiscale.
La sentenza in riferimento può ragionevolmente essere riassunta con le seguenti conclusioni.
Il divieto di abuso del diritto si traduce in un principio generale antielusivo, secondo il quale l’amministrazione finanziaria disconosce e dichiara non opponibili le operazioni e gli atti, privi di valide ragioni economiche, diretti solo a conseguire vantaggi fiscali.
Come già ampiamente evidenziato, incombe sull’amministrazione l’onere di spiegare e dimostrare che il complesso delle operazioni hanno carattere anomalo o inadeguato rispetto all’operazione economica intrapresa, in considerazione delle alterazioni degli schemi negoziali, considerati come irragionevoli in una normale logica di mercato e perseguiti solo per pervenire ad un determinato risultato fiscale.
Invece, spetta al contribuente provare la sostanza economica dell’operazione, o la presenza di ragioni extra fiscali non marginali, diverse dal mero risparmio fiscale, che giustifichi le operazioni strutturate in tal modo.
Da un punto di vista sanzionatorio, il legislatore non ritiene gli atti elusivi quale criterio scriminante per l’applicazione delle sanzioni amministrative tributarie, che, al contrario, sono irrogate quale naturale conseguenza dell’esito dell’accertamento volto a contrastare il fenomeno dell’abuso del diritto.
All’opposto, da un punto di vista penal-tributario, la normativa esclude espressamente che le operazioni che siano prive di sostanza economica e realizzino vantaggi fiscali indebiti possano dar luogo a fatti penalmente rilevanti.