Ammesso il licenziamento per giusta causa se si dimostra “la falsità dell’infortunio/malattia”.

La Corte di Cassazione con la Sentenza n. 21629 del 4 settembre 2018 ha confermato una sentenza di Corte d’Appello, che annullava un licenziamento per giusta causa inflitto ad un lavoratore perché l’impresa “non aveva fornito la prova della sussistenza dei motivi alla base del provvedimento espulsivo“. La Corte di Cassazione sostiene che nonostante si trattasse di “prova negativa”, cioè della dimostrazione dell’inesistenza del fatto, l’onere della prova permane in capo all’azienda. Ciò è giustificato per il fatto che, pur non essendo materialmente possibile la dimostrazione di un fatto non avvenuto, sarebbe comunque possibile dimostrare, che il lavoratore si sia procurato l’infortunio in altro orario e in altro luogo. In precedenti sentenze riferite alla fatispecie “malattia” la Suprema Corte ha sancito, il diritto del datore di lavoro di servirsi di “investigatori terzi” al fine di poter dimostrare il comportamento fraudolento del prorpio dipendente, anche in presenza di certificati medici, in quanto il datore di lavoro opererebbe nell’interesse dell’ente INPS al fine di evitare una truffa ai danni dello stato. Questa nuova sentenza detemina una potenziale dicotomia probatoria in quanto nel caso di “infortunio” si deve dimostrare che il fatto é accaduto altrove “prova positiva”  e nel caso di malattia é ammessa la “prova negativa” (forse perchè è d’interesse dello Stato non subire una truffa).