Licenziato il “finto malato” sulla base delle prove fornite dall’investigatore privato

La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 18507 del 21 settembre 2016, ha cristallizzato due importanti principi: in primo luogo, che il lavoratore che si finge malato e poi svolge lavori pesanti per conto proprio può essere licenziato e, in secondo luogo, che al fine di provare la “finta malattia” possono essere utilizzate le prove fornite da un investigatore privato ingaggiato ad hoc.
Nel caso in specie, un autista si era dato per malato per una lombalgia, ma l’agenzia investigativa assunta dal datore di lavoro per verificare l’attendibilità di tale motivazione ha portato al datore immagini e video nei quali si dimostrava che il lavoratore in questione, nel periodo di malattia, stava in realtà eseguendo lavori pesanti in casa di tipo edile: i giudici della Corte Suprema hanno precisato che il divieto imposto dall’articolo 5 della Legge n. 300/1970 non preclude al datore di lavoro la possibilità di “accertamenti di circostanze di fatto atte a dimostrare l’insussistenza della malattia o la non idoneità di quest’ultima a determinare uno stato di incapacità lavorativa e, quindi, a giustificare l’assenza”. Il licenziamento, pertanto, risulta legittimo.