La Corte di Cassazione con l’Ordinanza n. 6940 del 11/03/19 ha ribadito la necessità di una prova rigorosa per dimostrare la sussistenza del mobbing: nel caso di specie, non è stata sufficiente la certificazione della depressione sorta sul luogo di lavoro per definire mobbing il comportamento vessatorio dei colleghi.
La responsabilità da mobbing si fonda su alcuni presupposti:
- comportamenti leciti o illeciti di carattere persecutorio,
- posti in essere vessatoriamente nei confronti della vittima in modo mirato, sistematico e prolungato nel tempo;
- evento lesivo psico-fisico e nesso di causalità tra danno e condotta;
- l’intento di nuocere da parte dell’agente.
Secondo i giudici “con l’ermellino”, é fondamentale che sia fornita la prova “di ciascun presupposto”, altrimenti il solo evento lesivo sorto sul luogo di lavoro potrebbe dipendere da altre cause (stress da lavoro gravoso e usurante) e non necessariamente dal comportamento dei colleghi o del datore di lavoro.